martedì 23 novembre 2010

Cercare connessioni...tra Sè e l'Altro

Questo è il primo post che scrivo dal mio nuovo blog e il primo argomento che desideravo condividere, "cercare connessioni anzichè evidenziare solo le differenze", mi fa ritornare alla mente le parole di un grande 'ricercatore' (questo è il termine che per me meglio lo rappresenta), GREGORY BATESON: "...quale struttura connette il granchio con l'aragosta, l'orchidea con la primula e tutti e quattro con me e con voi?...qual'è la struttura che connette tutte le creature viventi?". 
Cercare connessioni...e perchè? Perche è triste e desolante vedere che in discussioni tra amici, tra colleghi di lavoro, tra invitati in trasmissioni televisive (peggio che mai!!) l'unico scopo sembra essere diventato l'esasperazione delle differenze, di ciò che ci divide, a volte in modo irrecuperabile. Ieri sera ho guardato per pochi minuti la trasmissione "L'infedele" di Gad Lerner in cui uno dei temi sullo sfondo era il fascismo e l'antifascismo (trattato attraverso vari contributi degli ospiti presenti) e ho provato questo senso di desolazione, addirittura di spreco... Nonostante il tentativo (forse debole?) di un ottimo giornalista come Lerner si è assistito ad un confronto-(quasi)-scontro di ideologie, dove per ideologie mi riferisco non all'accezione 'virtuosa', quella cioè di atteggiamento scientifico, di ricerca, ma a quella 'viziosa' di dogmatismo! Perchè dico questo? Perchè nessuno dei presenti è riuscito a dare una risposta compiuta (so che potrebbe risuonare come un giudizio e me ne assumo la responsabilita!) alla domanda di Lerner: "Come mai secondo lei "l'altro" la pensa cosi?...Quale pensa siano le motivazioni che lo spinge a credere in quello che dice..?". Monologhi (interiori?!?) che non facevano che aumentare il "rumore"... Esempi? Da una parte: "Come può dire che il fascismo non è stato un governo fondato sulla violenza, sulla negazione della libertà...!!!", "Sostenere una ideologia come questa è una vergogna...!!!"; e dall'altra: "E' una menzogna!! Il Fascismo non è stato solo leggi razziali...", "Come è possibile non riconoscere le conquiste sociali e culturali che ci sono state grazie al fascismo...!!!" e così di via seguito... Alla fine Lerner ha dovuto riconoscere che non era possibile per le persone presenti provare a dare una risposta alla sua domanda, che nessuno di loro poteva, neanche per un istante, mettersi nei panni dell'altro, comprendere le sue motivazioni e successivamente ritornare nei propri panni, nella confortevole compagnia delle proprie idee, della propria 'costellazione di senso' senza ribollire di rabbia... Qualcuno potrebbe chiedersi e chiedermi ma a quale scopo fare questo? Perchè sforzarsi di comprendere chi è (o sembra essere) così diverso da me? Perchè tanto spreco? Perchè tanto altruismo...soprattutto con chi non lo merita?!?!  Per dare una risposta mi avvalgo della ricerca di un innovativo e irriverente pensatore moderno, il prof. Jerome Liss. Egli dice che questi conflitti, che si verificano in molti contesti (tra adulti, tra genitori e figli, all'interno della coppia, ecc.), a un livello più profondo, molto spesso ci lasciano disorientati, confusi, frustrati, spesso profondamente feriti: "Come è possibile che l'altro non capisce...", "Cosa posso fare la prossima volta per convincerlo che quello in cui crede è sbagliato..." E allora..?!? In un suo interessante articolo (Il Self-Locus, pubblicato su: www.biosistemica.org) il prof. Liss sostiene che quando siamo difronte ad un punto di vista diverso dal nostro è naturale pensare "Vorrei dimostrargli che ho ragione io, che si sta sbagliando..!!" ma è utile (lui direbbe 'vantaggioso') "essere in grado di sopportare questo fastidio, e sviluppare uno spazio interiore nel quale all'altro sia permesso una sua collocazione, che è differente dalla nostra, mentre noi non abbiamo bisogno di assumere questo punto di vista come una verità interiore... Questo è ciò che pensa lui (o lei), ma non Io."  E più oltre: "Non solo: dobbiamo essere in grado di sviluppare una mappa interiore in cui comprendere come sia quasi inevitabile la possibilità di conflitti tra opinioni differenti." Riuscire in questo intento ci aiuta, quindi, ad aumentare la percezione del nostro 'spazio esistenziale' e contemporaneamente ci consente di accettare lo spazio esistenziale dell'altro non più solo come una minaccia verso la quale 'attaccare o fuggire', esercitare cioè una strategia del tipo "o io o lui". Coltivare questa competenza ci rende possibile pensare quando siamo soli, fuori quindi dalla situazione di conflitto: "Probabilmente l'altro non è pronto, non è in grado (per la sua cultura, educazione, storia personale..), di ascoltare ciò che penso, la mia verita.." Ma a che mi serve questo se non posso dirglielo in faccia quello che penso veramente..??!? Per rispondere a questa giusta obiezione ritorno al pensiero di Liss, il quale ci suggerisce che sebbene la consapevolezza che l'altro non può accettare quello che dico potrebbe non aiutarci immediatamente (ad esempio nella situazione di conflitto) ne guadagneremmo comunque un vantaggio importante: "...possiamo, infatti, sapere cosa pensare nei momenti di solitudine" quando il rimuginare sulle sue parole mi precipita in uno stato di 'stallo'. Come risulta, infatti, dalla sua ricerca sui processi neurofisiologici, "il nostro cervello ha bisogno di certezze per terminare" per non rimanere nella morsa dell'empasse, della rabbia, della frustrazione profonda che alla lunga logora la nostra esistenza! Non stiamo parlando quindi di banale buonismo. E nemmeno di una malcelata deriva di snobismo intellettuale (del tipo: "In fondo non è alla mia altezza...non ne vale la pena..."). Stiamo riflettendo, piuttosto, su una strategia che ci permette riconoscere e rispettare una "nostra" esigenza esistenziale... e forse può aiutarci, con il tempo e l'allenamento, a vivere meglio anche con chi è diverso da noi. Proprio così... perchè vivere con gli altri è un'altra esigenza esistenziale imprescindibile di noi umani. 
Chissà magari qualcuno leggendomi potrebbe provare a cercare, come diceva Bateson, connessioni... o forse semplicemente pensare che è una bella giornata di sole (almeno qui ora) e che andare fuori è molto meglio che stare qui a leggermi...! 
In questo caso buona passeggiata e...comunque... hasta pronto a todos!!

2 commenti:

  1. gaetano, quello che scrivi è molto appassionante!
    Ogni idea al riguardo è complessa e secondo me scaturisce dalla difficoltà che abbiamo tutti nello spostare il punto di vista, nell' uscire dalla nostra cornice concettuale e di senso e cercare di vedere il mondo dal punto di vista dell'altro.
    Credo che la connessione si possa creare soltanto quando "viviamo" il pensiero dell'altro e riusciamo a coglierne la bellezza rispetto ad uno schema di senso diverso, dopo avere cambiato il nostro punto di osservazione.
    Da quel punto di osservazione che cambia, che è diverso per ogni persona, possiamo trarre una grande ricchezza basata principalmente non tanto sul valutare e soppesare quanto il pensiero dell'altro sia diverso dal nostro, ma quante danze ci siano, quanti suoni nuovi, quanta bellezza a vedere tutto da un altro punto di osservazione.
    Parlare con una persona che non la pensa come noi (connettersi) diventerebbe esperienza di impagabile e inestimabile conoscenza e ricchezza ..
    Ma siamo tutti arrancati a dare valore al nostro punto di osservazione e soprattutto a difenderlo con forza...
    Perdiamo il bello di vedere le esperienze moltiplicarsi...
    Aiuto... quante belle esperienze ci impediamo !

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  2. sono appena tornata da due giorni di seminario sull'importanza dell'alimentazione e le sue potenzialità.
    In questo contesto ho conosciuto una persona che ha fatto del self locus la sua forza, ma forse in un modo.... che invece di evolverlo lo tiene prepotentemente ancorato a se stesso. Ho scoperto il self locus, da poco e immediatamente lo riconosciuto e toccato con mano, ci sono persone che ne fanno uso in modo quotidiano come una corazza costruita nel tempo sempre più impenetrabile per sopravvivere al ''dolore ''interno ''all'umiliazione che sentono nel rapportarsi agli altri. Alcuni ricoprono posti di prestigio o di comando , con l'unico scopo di far emergere qualcosa di loro, purtroppo in questo caso e il locus a comandare , e invece di crescere ,proteggendo la propria anima , si continua verso una scalata di aridità. L'uomo per istinto costruisce mezzi per difendere se stesso, ma spesso sono gli stessi mezzi che lo distruggono.

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