Alba fredda.
Nei tuoi occhi il riflesso sbiadito
della mia immagine.
sabato 27 novembre 2010
mercoledì 24 novembre 2010
NODI...
"...immaginate due uomini, la cui vita sia dominata da apparenze, seduti a chiacchierare fra loro. Chiamiamo il primo di essi Pietro e il secondo Paolo. Elenchiamo le differenti configurazioni implicate da una situazione di questo tipo. Prima di tutto c'è Pietro così come egli desidera apparire a Paolo e Paolo così come egli desidera apparire a Pietro. Poi c'è Pietro così come egli appare realmente a Paolo, vale a dire l'immagine che Paolo ha di Pietro, la quale in generale finisce per non coincidere con ciò che Pietro vorrebbe che Paolo vedesse; lo stesso dicasi per la situazione inversa. Inoltre, c'è Pietro così come egli appare a sé stesso, e Paolo così come appare a sé stesso. Infine, ci sono il Pietro corporeo e il Paolo corporeo: due esseri viventi e sei apparizioni fantasma che si mescolano in molti modi nel corso della conversazione tra i due. In che modo può aversi una genuina vita interumana?" (M. Buber citato in "L'io e gli altri" di R. Laing).E' solo una raffinata speculazione di un grande filosofo e pedagogista del nostro tempo o può essere una stimolante occasione per riflettere sulla complessità delle relazioni e della comunicazione umana..?
Proviamo a leggere le seguenti frasi che provengono da situazioni reali:
GENITORI-FIGLI
"Uffa che strazio mia madre...! Mi stressa con le sue domande del tipo 'Luca ma che hai..?', 'Cosa ti succede..? Perchè non mi dici nulla..?' Ma che le devo dire...?! Tanto non riesce mica a capire i miei problemi... Per lei conta solo la scuola..."
COPPIA (MARITO-MOGLIE)
"Sono in una situazione veramente difficile...ho perso il lavoro. Mi sento in un vicolo cieco... E quando mia moglie mi chiede: 'Perchè quando ti chiedo di parlare di quello che ti sta succedendo mi dici che non c'è niente da dire..? Non capisci che sto cercando di aiutarti?!' per me è come rigirare il coltello nella piaga. Come fa a non capire che parlarne per me è una sofferenza enorme... Non posso accettare che la mia donna mi veda come un fallito!"
AMICIZIA
"Vorrei che Valentina mi ascoltasse, e che quando le dico che non può più continuare a stare con il suo ragazzo mi vedesse come una amica sincera che vuole aiutarla...eppure non è così. Quando le dico questo per lei è come sentir parlare sua madre..."
IL FILM
L'altra sera ho visto un film molto interessante (IL SOLISTA) che mi ha fatto molto riflettere su questi 'nodi relazionali'. Il dilemma, il 'nodo', nel quale si viene a trovare uno dei protagonisti del film, Steve, quando cerca di aiutare il suo amico Nathaniel è il seguente: nonostante la sua intenzione sia quella di aiutare e di rendere migliore la vita di Nathaniel, la reazione violenta di quest'ultimo lo spiazza e provoca in lui (Steve) un profondo sgomento. Nathaniel non si vede (come invece lo vede Steve) come uno schizofrenico senzatetto bisognoso di cure mediche e di una casa dove vivere, perciò l'offerta di aiuto Steve diventa per lui una pericolosa minaccia per il suo modo di esistere, di 'essere nel mondo'.
Questa storia (vera peraltro) mi fa riflettere su quanto sia importante, quando ad esempio ci troviamo ad ascoltare una persona che chiede il nostro aiuto, porsi le seguenti domande: "Qual'è la sua idea di aiuto utile, sostenibile, che desidera ricevere..?"; e inoltre "Può la mia idea di aiuto conciliarsi, essere in sintonia con la sua..?". Proprio mentre sto scrivendo queste parole mi vengono alla mente le seguenti immagini: grovigli, garbugli, impasses, paradossi, circoli viziosi, vincoli... nodi appunto!
Buona serata e... buona visione del film per chi lo vedrà!
AMICIZIA
"Vorrei che Valentina mi ascoltasse, e che quando le dico che non può più continuare a stare con il suo ragazzo mi vedesse come una amica sincera che vuole aiutarla...eppure non è così. Quando le dico questo per lei è come sentir parlare sua madre..."
IL FILM
L'altra sera ho visto un film molto interessante (IL SOLISTA) che mi ha fatto molto riflettere su questi 'nodi relazionali'. Il dilemma, il 'nodo', nel quale si viene a trovare uno dei protagonisti del film, Steve, quando cerca di aiutare il suo amico Nathaniel è il seguente: nonostante la sua intenzione sia quella di aiutare e di rendere migliore la vita di Nathaniel, la reazione violenta di quest'ultimo lo spiazza e provoca in lui (Steve) un profondo sgomento. Nathaniel non si vede (come invece lo vede Steve) come uno schizofrenico senzatetto bisognoso di cure mediche e di una casa dove vivere, perciò l'offerta di aiuto Steve diventa per lui una pericolosa minaccia per il suo modo di esistere, di 'essere nel mondo'.
Questa storia (vera peraltro) mi fa riflettere su quanto sia importante, quando ad esempio ci troviamo ad ascoltare una persona che chiede il nostro aiuto, porsi le seguenti domande: "Qual'è la sua idea di aiuto utile, sostenibile, che desidera ricevere..?"; e inoltre "Può la mia idea di aiuto conciliarsi, essere in sintonia con la sua..?". Proprio mentre sto scrivendo queste parole mi vengono alla mente le seguenti immagini: grovigli, garbugli, impasses, paradossi, circoli viziosi, vincoli... nodi appunto!
Buona serata e... buona visione del film per chi lo vedrà!
martedì 23 novembre 2010
Cercare connessioni...tra Sè e l'Altro
Questo è il primo post che scrivo dal mio nuovo blog e il primo argomento che desideravo condividere, "cercare connessioni anzichè evidenziare solo le differenze", mi fa ritornare alla mente le parole di un grande 'ricercatore' (questo è il termine che per me meglio lo rappresenta), GREGORY BATESON: "...quale struttura connette il granchio con l'aragosta, l'orchidea con la primula e tutti e quattro con me e con voi?...qual'è la struttura che connette tutte le creature viventi?".
Cercare connessioni...e perchè? Perche è triste e desolante vedere che in discussioni tra amici, tra colleghi di lavoro, tra invitati in trasmissioni televisive (peggio che mai!!) l'unico scopo sembra essere diventato l'esasperazione delle differenze, di ciò che ci divide, a volte in modo irrecuperabile. Ieri sera ho guardato per pochi minuti la trasmissione "L'infedele" di Gad Lerner in cui uno dei temi sullo sfondo era il fascismo e l'antifascismo (trattato attraverso vari contributi degli ospiti presenti) e ho provato questo senso di desolazione, addirittura di spreco... Nonostante il tentativo (forse debole?) di un ottimo giornalista come Lerner si è assistito ad un confronto-(quasi)-scontro di ideologie, dove per ideologie mi riferisco non all'accezione 'virtuosa', quella cioè di atteggiamento scientifico, di ricerca, ma a quella 'viziosa' di dogmatismo! Perchè dico questo? Perchè nessuno dei presenti è riuscito a dare una risposta compiuta (so che potrebbe risuonare come un giudizio e me ne assumo la responsabilita!) alla domanda di Lerner: "Come mai secondo lei "l'altro" la pensa cosi?...Quale pensa siano le motivazioni che lo spinge a credere in quello che dice..?". Monologhi (interiori?!?) che non facevano che aumentare il "rumore"... Esempi? Da una parte: "Come può dire che il fascismo non è stato un governo fondato sulla violenza, sulla negazione della libertà...!!!", "Sostenere una ideologia come questa è una vergogna...!!!"; e dall'altra: "E' una menzogna!! Il Fascismo non è stato solo leggi razziali...", "Come è possibile non riconoscere le conquiste sociali e culturali che ci sono state grazie al fascismo...!!!" e così di via seguito... Alla fine Lerner ha dovuto riconoscere che non era possibile per le persone presenti provare a dare una risposta alla sua domanda, che nessuno di loro poteva, neanche per un istante, mettersi nei panni dell'altro, comprendere le sue motivazioni e successivamente ritornare nei propri panni, nella confortevole compagnia delle proprie idee, della propria 'costellazione di senso' senza ribollire di rabbia... Qualcuno potrebbe chiedersi e chiedermi ma a quale scopo fare questo? Perchè sforzarsi di comprendere chi è (o sembra essere) così diverso da me? Perchè tanto spreco? Perchè tanto altruismo...soprattutto con chi non lo merita?!?! Per dare una risposta mi avvalgo della ricerca di un innovativo e irriverente pensatore moderno, il prof. Jerome Liss. Egli dice che questi conflitti, che si verificano in molti contesti (tra adulti, tra genitori e figli, all'interno della coppia, ecc.), a un livello più profondo, molto spesso ci lasciano disorientati, confusi, frustrati, spesso profondamente feriti: "Come è possibile che l'altro non capisce...", "Cosa posso fare la prossima volta per convincerlo che quello in cui crede è sbagliato..." E allora..?!? In un suo interessante articolo (Il Self-Locus, pubblicato su: www.biosistemica.org) il prof. Liss sostiene che quando siamo difronte ad un punto di vista diverso dal nostro è naturale pensare "Vorrei dimostrargli che ho ragione io, che si sta sbagliando..!!" ma è utile (lui direbbe 'vantaggioso') "essere in grado di sopportare questo fastidio, e sviluppare uno spazio interiore nel quale all'altro sia permesso una sua collocazione, che è differente dalla nostra, mentre noi non abbiamo bisogno di assumere questo punto di vista come una verità interiore... Questo è ciò che pensa lui (o lei), ma non Io." E più oltre: "Non solo: dobbiamo essere in grado di sviluppare una mappa interiore in cui comprendere come sia quasi inevitabile la possibilità di conflitti tra opinioni differenti." Riuscire in questo intento ci aiuta, quindi, ad aumentare la percezione del nostro 'spazio esistenziale' e contemporaneamente ci consente di accettare lo spazio esistenziale dell'altro non più solo come una minaccia verso la quale 'attaccare o fuggire', esercitare cioè una strategia del tipo "o io o lui". Coltivare questa competenza ci rende possibile pensare quando siamo soli, fuori quindi dalla situazione di conflitto: "Probabilmente l'altro non è pronto, non è in grado (per la sua cultura, educazione, storia personale..), di ascoltare ciò che penso, la mia verita.." Ma a che mi serve questo se non posso dirglielo in faccia quello che penso veramente..??!? Per rispondere a questa giusta obiezione ritorno al pensiero di Liss, il quale ci suggerisce che sebbene la consapevolezza che l'altro non può accettare quello che dico potrebbe non aiutarci immediatamente (ad esempio nella situazione di conflitto) ne guadagneremmo comunque un vantaggio importante: "...possiamo, infatti, sapere cosa pensare nei momenti di solitudine" quando il rimuginare sulle sue parole mi precipita in uno stato di 'stallo'. Come risulta, infatti, dalla sua ricerca sui processi neurofisiologici, "il nostro cervello ha bisogno di certezze per terminare" per non rimanere nella morsa dell'empasse, della rabbia, della frustrazione profonda che alla lunga logora la nostra esistenza! Non stiamo parlando quindi di banale buonismo. E nemmeno di una malcelata deriva di snobismo intellettuale (del tipo: "In fondo non è alla mia altezza...non ne vale la pena..."). Stiamo riflettendo, piuttosto, su una strategia che ci permette riconoscere e rispettare una "nostra" esigenza esistenziale... e forse può aiutarci, con il tempo e l'allenamento, a vivere meglio anche con chi è diverso da noi. Proprio così... perchè vivere con gli altri è un'altra esigenza esistenziale imprescindibile di noi umani.
Chissà magari qualcuno leggendomi potrebbe provare a cercare, come diceva Bateson, connessioni... o forse semplicemente pensare che è una bella giornata di sole (almeno qui ora) e che andare fuori è molto meglio che stare qui a leggermi...!
In questo caso buona passeggiata e...comunque... hasta pronto a todos!!
Cercare connessioni...e perchè? Perche è triste e desolante vedere che in discussioni tra amici, tra colleghi di lavoro, tra invitati in trasmissioni televisive (peggio che mai!!) l'unico scopo sembra essere diventato l'esasperazione delle differenze, di ciò che ci divide, a volte in modo irrecuperabile. Ieri sera ho guardato per pochi minuti la trasmissione "L'infedele" di Gad Lerner in cui uno dei temi sullo sfondo era il fascismo e l'antifascismo (trattato attraverso vari contributi degli ospiti presenti) e ho provato questo senso di desolazione, addirittura di spreco... Nonostante il tentativo (forse debole?) di un ottimo giornalista come Lerner si è assistito ad un confronto-(quasi)-scontro di ideologie, dove per ideologie mi riferisco non all'accezione 'virtuosa', quella cioè di atteggiamento scientifico, di ricerca, ma a quella 'viziosa' di dogmatismo! Perchè dico questo? Perchè nessuno dei presenti è riuscito a dare una risposta compiuta (so che potrebbe risuonare come un giudizio e me ne assumo la responsabilita!) alla domanda di Lerner: "Come mai secondo lei "l'altro" la pensa cosi?...Quale pensa siano le motivazioni che lo spinge a credere in quello che dice..?". Monologhi (interiori?!?) che non facevano che aumentare il "rumore"... Esempi? Da una parte: "Come può dire che il fascismo non è stato un governo fondato sulla violenza, sulla negazione della libertà...!!!", "Sostenere una ideologia come questa è una vergogna...!!!"; e dall'altra: "E' una menzogna!! Il Fascismo non è stato solo leggi razziali...", "Come è possibile non riconoscere le conquiste sociali e culturali che ci sono state grazie al fascismo...!!!" e così di via seguito... Alla fine Lerner ha dovuto riconoscere che non era possibile per le persone presenti provare a dare una risposta alla sua domanda, che nessuno di loro poteva, neanche per un istante, mettersi nei panni dell'altro, comprendere le sue motivazioni e successivamente ritornare nei propri panni, nella confortevole compagnia delle proprie idee, della propria 'costellazione di senso' senza ribollire di rabbia... Qualcuno potrebbe chiedersi e chiedermi ma a quale scopo fare questo? Perchè sforzarsi di comprendere chi è (o sembra essere) così diverso da me? Perchè tanto spreco? Perchè tanto altruismo...soprattutto con chi non lo merita?!?! Per dare una risposta mi avvalgo della ricerca di un innovativo e irriverente pensatore moderno, il prof. Jerome Liss. Egli dice che questi conflitti, che si verificano in molti contesti (tra adulti, tra genitori e figli, all'interno della coppia, ecc.), a un livello più profondo, molto spesso ci lasciano disorientati, confusi, frustrati, spesso profondamente feriti: "Come è possibile che l'altro non capisce...", "Cosa posso fare la prossima volta per convincerlo che quello in cui crede è sbagliato..." E allora..?!? In un suo interessante articolo (Il Self-Locus, pubblicato su: www.biosistemica.org) il prof. Liss sostiene che quando siamo difronte ad un punto di vista diverso dal nostro è naturale pensare "Vorrei dimostrargli che ho ragione io, che si sta sbagliando..!!" ma è utile (lui direbbe 'vantaggioso') "essere in grado di sopportare questo fastidio, e sviluppare uno spazio interiore nel quale all'altro sia permesso una sua collocazione, che è differente dalla nostra, mentre noi non abbiamo bisogno di assumere questo punto di vista come una verità interiore... Questo è ciò che pensa lui (o lei), ma non Io." E più oltre: "Non solo: dobbiamo essere in grado di sviluppare una mappa interiore in cui comprendere come sia quasi inevitabile la possibilità di conflitti tra opinioni differenti." Riuscire in questo intento ci aiuta, quindi, ad aumentare la percezione del nostro 'spazio esistenziale' e contemporaneamente ci consente di accettare lo spazio esistenziale dell'altro non più solo come una minaccia verso la quale 'attaccare o fuggire', esercitare cioè una strategia del tipo "o io o lui". Coltivare questa competenza ci rende possibile pensare quando siamo soli, fuori quindi dalla situazione di conflitto: "Probabilmente l'altro non è pronto, non è in grado (per la sua cultura, educazione, storia personale..), di ascoltare ciò che penso, la mia verita.." Ma a che mi serve questo se non posso dirglielo in faccia quello che penso veramente..??!? Per rispondere a questa giusta obiezione ritorno al pensiero di Liss, il quale ci suggerisce che sebbene la consapevolezza che l'altro non può accettare quello che dico potrebbe non aiutarci immediatamente (ad esempio nella situazione di conflitto) ne guadagneremmo comunque un vantaggio importante: "...possiamo, infatti, sapere cosa pensare nei momenti di solitudine" quando il rimuginare sulle sue parole mi precipita in uno stato di 'stallo'. Come risulta, infatti, dalla sua ricerca sui processi neurofisiologici, "il nostro cervello ha bisogno di certezze per terminare" per non rimanere nella morsa dell'empasse, della rabbia, della frustrazione profonda che alla lunga logora la nostra esistenza! Non stiamo parlando quindi di banale buonismo. E nemmeno di una malcelata deriva di snobismo intellettuale (del tipo: "In fondo non è alla mia altezza...non ne vale la pena..."). Stiamo riflettendo, piuttosto, su una strategia che ci permette riconoscere e rispettare una "nostra" esigenza esistenziale... e forse può aiutarci, con il tempo e l'allenamento, a vivere meglio anche con chi è diverso da noi. Proprio così... perchè vivere con gli altri è un'altra esigenza esistenziale imprescindibile di noi umani.
Chissà magari qualcuno leggendomi potrebbe provare a cercare, come diceva Bateson, connessioni... o forse semplicemente pensare che è una bella giornata di sole (almeno qui ora) e che andare fuori è molto meglio che stare qui a leggermi...!
In questo caso buona passeggiata e...comunque... hasta pronto a todos!!
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