giovedì 26 maggio 2011

The Tree of Life


 "Ho vissuto per anni nell'attesa di qualcosa. Poi quel qualcosa è divenuto l'attesa!"


Stavo pensando: vorrei scrivere alcune impressioni sul fim "The Tree of Life" che ho visto ieri sera al cinema. 
E' molto difficile descrivere un'opera d'arte. E ancora più difficile descrivere un'opera come questa che tocca il tema della Vita e del suo significato (ma anche questa è una interpretazione e quindi una semplificazione!). Mi rimbalzano nella mente le parole di un grande linguista, Ludwig Wittgenstein, che diceva "Di ciò che non si sa è meglio tacere."  
Mi limito allora a parlare di me.. di ciò che ho provato guardando questa opera di Terrence Mallick. Ero spiazzato dalla densità e dalla rara bellezza delle immagini, della fotografia e dalla scarsità di dialoghi. Immagini che mi hanno fatto vivere questo film come una trama nella quale si intrecciavano tempi multipli: quello degli uomini  e quello del cosmo al quale noi ci affacciamo solo per un brevissimo istante. E ho pensato: che idea geniale per 'parlare' della Vita! (ossia di ciò di cui dovremmo tacere) Utilizzare una analogia tra la Vita  e lo svolgimento di una storia (quella dei personaggi del film), proprio come aveva fatto un grande intellettuale del nostro tempo, Gregory Bateson, nei suoi 'metaloghi'. Immagini che parlano della Vita e della Morte..immagini che rivelano tutta la nostra fragilità di esseri viventi. Ma nello stesso momento mostrano tutta la bellezza e il tessuto, la trama della Vita stessa.
E questo film mi ha fatto pensare ad un'altra 'storia', un'altra opera d'arte.. quella di '2001 Odissea nello Spazio' di Stanley Kubrick. Stessi silenzi, stessa ricerca di una perfezione maniacale nelle immagini, nella fotografia. 
Forse anche Mallick e Kubrick, come me, mentre realizzavano i loro capolavori, pensavano alle parole: "di ciò che non si sa è meglio tacere". Per questi due capolavori forse dovremmo ringraziare anche Wittgenstein!


Concludo con una breve citazione del mio amico Giovanni Spadaccini tratta dalla sua riflessione-recensione di "The tree of life": "La storia da raccontare è una storia che mostra senza dire, che lascia gli occhi liberi di ragionare e di affrancarsi dai concetti. Questa storia è un albero, è un cane che beve in una pozzanghera, un bambino che rompe un vetro. Il cielo, il vento, la fine."  
E per chi desiderasse leggere il testo integrale - cosa che vi suggerisco di fare - lo troverà qui:


http://ilprimoamore.com/testo_2321.html

martedì 3 maggio 2011

I buoni vincono e i cattivi perdono...

...e come sempre l'Inghilterra domina! (tratto dal film V per Vendetta, diretto da James McTeigue)

Leggendo le prime pagine di vari quotidiani, italiani e stranieri, è la morte di Bin Laden la notizia centrale. La morte, anzi la Vendetta sembra essere il rituale liberatorio dalla terribile minaccia del terrorismo. 
Il prof. Jerome Liss ha scritto un articolo molto interessante sulla neurofisiologia della vendetta proprio in riferimento agli avvenimenti dell'attentato alle Torri Gemelle del 2001 (per leggere la versione integrale dell'articolo: http://www.biosistemica.org/neurovend.htm). Liss ci fa riflettere sulle pericolose conseguenze che potrebbero essere innescate quando un ragionamento dogmatico (io ho ragione, tu hai torto) viene effettuato su 'larga scala' (gruppi, etnie, nazioni...). In particolare descrive il tipo di logica che guida le persone in avvenimenti traumatici come questo: la logica "o/o". Qualcuno deve avere ragione e qualcun'altro torto "Noi abbiamo ragione e loro torto! Quello che abbiamo fatto è giustificato. Quello che ci hanno fatto loro è peggio di quanto abbiamo fatto noi!" Entrambe le parti ragionano nello stesso modo e vanno verso una escalation distruttiva. Allo stesso momento, da un punto di vista neurofisiologico, nonostante i pensieri distruttivi le persone si sentono meglio. Liss, infatti, dimostra che le persone nell'agire la vendetta si sentono meglio, si sentono meno umiliate, frustrate, stressate e più consapevoli del da farsi. Spesso pensiamo che le motivazioni principali (se non esclusive) delle guerre sono politiche ed economiche. Ora grazie alle ricerche sulla neurofisiologia del cervello possiamo considerare una ulteriore importante motivazione delle guerre: come dice il prof. Liss "Anche la gente desidera la guerra!"
E quindi dobbiamo rassegnarci ad essere homo homini lupus..?
Forse non è detto...
Proseguendo nella lettura dell'articolo del prof, Liss leggiamo: "Dimostrare che l'attacco aggressivo e la vendetta possono avere origine nello sviluppo della specie registrato nel codice genetico non significa che il comportamento sia inevitabile! Noi abbiamo molte 'inclinazioni' di origine genetica, ovvero tendenze a comportarci in un certo modo. Per esempio la dominanza gerarchica, l'aggressività nei confronti degli stranieri, la paura dell'isolamento e, sul versante positivo, l'empatia e la solidarietà cooperativa.. Ma queste 'inclinazioni' non sono completamente automatizzate e quindi non sono del tutto inevitabili come il ritmo cardiaco, la respirazione, la pressione sanguigna.. In conclusione, anche se possiamo dimostrare una base genetica e fisiologica della vendetta, non è detta l'ultima parola. Le emozioni e la strategie della vendetta possono essere modificate." E conclude: "In sintesi, i processi neurofisiologici del cervello e del corpo umano ci stimolano a un’azione vigorosa, per restituire il colpo quando siamo oggetto di minaccia e aggressione fisica. Questo accade a livello individuale, ma anche all’interno di una comunità, nazione o gruppo religioso internazionale. Il cervello di ognuno va in tilt quando una notizia di distruzione ci bombarda per mezzo della televisione e dei giornali. Diventare consapevoli della nostra inclinazione neurofisiologica alla vendetta potrebbe aiutarci a capire meglio le complessità del nostro dilemma e al tempo stesso mobilitare ulteriormente la nostra determinazione a difendere il nostro pianeta e tutti i suoi popoli."

Tutto cio mi ricorda anche un altro Maestro, un grande 'esperto' di vendetta e di emozioni violente: William Shakespeare. "Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato, quando il nostro desiderio è appagato senza gioia. Meglio essere ciò che distruggiamo che inseguire con la distruzione una dubbiosa gioia. (Lady Macbeth atto III, scena II).
E un film, il film per eccellenza sulla Vendetta, V per Vendetta: "Alcuni vorranno toglierci la sicura, sospetto che in questo momento stiano strillando ordini al telefono e che presto arriveranno gli uomini armati. Perché? Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità. E la verità è che c'è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese. Crudeltà e ingiustizia, intolleranza e oppressione. E lì dove una volta c'era la libertà di obiettare, di pensare, di parlare nel modo ritenuto più opportuno, lì ora avete censori e sistemi di sorveglianza, che vi costringono ad accondiscendere a ciò. Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate un colpevole.. non c'è che da guardarsi allo specchio..." 
"Io sono il frutto di quello che mi è stato fatto. È il principio fondamentale dell'universo: a ogni azione corrisponde una reazione uguale contraria."

Buona Vendetta a tutti...

venerdì 15 aprile 2011

NAUFRAGI

Questa mattina svegliandomi il mio pensiero va a chi fugge la disperazione e l'orrore della guerra in cerca una speranza.
Dedico a loro questi bellissimi versi di Emily Dickinson.

"Tre volte al mio respiro dissi addio
e per tre volte non mi volle lasciare,
ma restò ad agitare il debole ventaglio
che l'acqua si sforzava di fermare.
Per tre volte le onde mi sospinsero in alto,
mi ripresero, poi come una palla,
fecero smorfie azzurre sulla mia
faccia, e lontano spinsero una vela
che strisciava, distante qualche lega,
ed amavo vederla, pensando, nella morte,
com'era bello osservare quel punto
dov'eran volti umani.
Si fece sonnolenta l'onda, non il respiro.
Si cullavano i venti come bimbi,
e poi il sole baciò la mia crisalide
ed io mi alzai per vivere."
(E. Dickinson)

giovedì 7 aprile 2011

TRIBU' INCONTATTATE A RISCHIO DI DECIMAZIONE

Nel mondo esistono più di 100 tribu' incontattate. Quasi tutte rischiano di essere spazzate via dal disboscamento, dalla esplorazione petrolifera, dalla costruzione di dighe idroelettriche e da altri progetti.
Le tribù incontattate hanno basse difese immunitarie verso malattie come l'influenza e il morbillo, e le epidemie provocate dal contatto possono essere devastanti.

”A meno che non sia gestito con straordinaria attenzione, il contatto con questi popoli provoca inevitabilmente lo sterminio di oltre metà dei loro membri. Il fenomeno è stato documentato più e più volte, e perciò è difficile credere che i governi e le compagnie ne siano all’oscuro” ha commentato Stephen Corry, direttore generale di Survival. “Se insistono a operare nei territori delle tribù incontattate, è altrettanto difficile capire perché mai loro – e quelli di noi che comprano i loro prodotti – non dovremmo essere giudicati colpevoli delle conseguenze.”

Per leggere il testo integrale di questo documento: http://www.survival.it/notizie/7173

mercoledì 6 aprile 2011

"IO NON SONO SOLO."

Ho letto l'articolo di Immanuel Wallerstein pubblicato su http://fbc.binghamton.edu/commentr.htm (e pubblicato in italiano da Il Manifesto di mercoledì 6 aprile) e ho pensato "Io non sono solo". Non sono il solo a pensare che molte domande andrebbero fatte prima di decidere un intervento così complesso come l'azione militare in Libia.
Wallerstein scrive: "The problem I have with humanitarian intervention is that I'm never sure it is humanitarian. Advocates always point to the cases where such intervention didn't occur, such as Rwanda. But they never look at the cases where it did occur. Yes, in the relatively short run, it can prevent what would otherwise be a slaughter of people. But in the longer run, does it really do this? To prevent Saddam Hussein's short-run slaughters, the United States invaded Iraq. Have fewer people been slaughtered as a result over a ten-year period? It doesn't seem so. Advocates seem to have a quantitative criterion. If a government kills ten protestors, this is "normal" if perhaps worthy of verbal criticism. If it kills 10,000, this is criminal, and requires humanitarian intervention. How many people have to be killed before what is normal becomes criminal? 100, 1000?"
E più avanti scrive: "Oggi, le potenze occidentali si sono lanciate nella guerra libica dall'esito incerto. Probabilmente sarà un pantano. Ma riuscirà a distrarre il mondo dalla rivolta araba in corso? Forse. Riuscirà a cacciare Gheddafi? Forse. Se Gheddafi se ne andrà, cosa verrà dopo? Persino i portavoce statunitensi temono che possa essere sostituito dalla sua cricca o da al-Qaeda, o da entrambi."

Wallerstein, come me si pone e pone domande, problematizza e cerca di riflettere sui 'vantaggi e gli svantaggi', sulle possibili conseguenze di azioni così complesse e molto spesso irreversibili.
Come la scelta del nucleare come fonte di energia. In questo caso possiamo provare a fare (e farci!) domande, a problematizzare, prima di vivere le conseguenze, in questo caso irreversibili, di un progetto così potenzialmente rischioso. Non siamo già al 'dopo' ma abbiamo ancora un po' di tempo per riflettere, per informarci, per discutere. E per decidere.
Siamo sicuri che il nucleare è veramente l'unica opzione possibile per noi?
Quali altre possibilità abbiamo? Quali sono le fonti di energia alternative al nucleare che possiamo concretamente considerare?
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di queste rispetto alla opzione nucleare?
Quale scelta è veramente sostenibile... per noi e per chi ci sarà dopo di noi?
Credo che possiamo e dobbiamo riflettere considerando anche questo punto di vista: come ci fa sentire prendere una decisione così importante e irreversibile nei confronti di chi verrà dopo di noi?

Domande fondamentali, riflessioni esistenziali che devono necessariamente essere al centro del dibattito e della decisione se orientarsi verso il nucleare oppure considerare altre fonti energetiche.
Perchè NON SIAMO SOLI.

lunedì 28 marzo 2011

Quale intervento è veramente umanitario..?

Non posso fare a meno di esprimere alcune riflessioni su quanto sto leggendo in merito alla drammatica situazione della Libia. Non sono un esperto in questioni militari e politiche pertanto la mia riflessione sarà quella di un cittadino e soprattutto di una Persona che apprende quanto sta accadendo.


Mi rendo conto che la situazione è molto difficile e complessa e che la ricerca di una soluzione a quanto sta accadendo non è sicuramente semplice. E proprio questo il punto su cui rifletto.
Siamo sicuri di aver problematizzato abbastanza prima di decidere per un intervento umanitario armato?
Siamo sicuri di sapere veramente quali sono le alternative disponibili in questa situazione?
Siamo sicuri di conoscere con sufficiente esattezza i vantaggi e gli svantaggi che derivano per la popolazione da un intervento di questo tipo?
Io sinceramente non lo so. E chi ha preso questa decisione...?

Immagino che in una situazione complessa e drammatica come quella della Libia è necessario trovare in tempi veloci una soluzione ma credo che andare verso una soluzione senza considerare tutti questi (e altri ancora) dilemmi può essere molto pericoloso. Non possiamo pensare ad una soluzione senza aver problematizzato. Con questo termine intendo 'considerare le conseguenze da punti di vista molteplici'. Il punto di vista politico-economico è sicuramente importante. La stabilità della situazione politica in Libia è certamente una priorità per l'equilibrio politico-economico di molti paesi del Mediterraneo e, quindi, anche del nostro. Ma non è l'unica. La sicurezza della popolazione civile è una priorità ancora maggiore poichè è una priorità esistenziale fondamentale: garantire la vita delle Persone è la Priorità che deve essere sempre al centro di qualsiasi riflessione o decisione.
E allora...? Per non rimanere nel limbo delle chiacchiere che non concludono cosa si può fare in situazioni come queste?

COSA POSSIAMO FARE CONCRETAMENTE: alcuni esempi.
In particolare, data la decisione adottata dai nostri rappresentanti-governanti di intervenire militarmente, c'è qualcosa che, in questo momento, possiamo fare anche noi cittadini, Persone responsabili?
Credo proprio di si. Ecco alcuni esempi.
- informarci sulle reali conseguenze di un intervento umanitario-armato come questo: avere informazioni ampie su quanto sta accadendo: non soltanto quello che ci viene proposto dalla informazione 'ufficiale', in quanto condizionata dalle necessità di audience (e non solo quelle). Sappiamo bene quanto sono scarne e soprattutto asettiche le notizie che in questi casi ci vengono somministrate (bombardamenti 'intelligenti' che colpiscono con precisione chirurgica solo postazioni militari, carri armati ecc. - per un esempio di possibili rischi di manipolazione vedere: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8114 ). Come fare? Credo che nell'era dell'informazione questo sia onestamente facile: leggere giornali, cercare notizie sui motori di ricerca in internet, visitare blog, utilizzare i social network (come Facebook, Twitter..) non solo per intrattenersi piacevolmente ... E questo ci costa sicuramente poco. Basterebbe sacrificare quotidianamente 10-15 minuti della nostra giornata, ad esempio riducendo il tempo in cui guardiamo trasmissioni di intrattenimento in TV, per questo scopo;
- chiederci se nei programmi elettorali dei vari partiti-movimenti ci sono punti che riguardano proposte per affrontare in modo sistemico situazioni complesse come queste. Provo a fare qualche esempio:
a) cosa propone concretamente il partito-movimento 'X' in merito alla produzione e alla vendita delle armi da parte del nostro paese verso altri paesi? E quali condizioni-garanzie e quali limiti devono essere osservati?
b) in cambio di aiuto-sostegno economico a paesi in difficoltà, oltre alle garanzie finanziarie, quali impegni vengono richiesti? In particolare, ad esempio, mi riferisco a quali misure vengono concretamente attuate in questi casi per verificare il rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Dichiarazione Universale dei diritti Umani firmata a Parigi da tutti i paesi membri delle Nazioni Unite;
c) nel caso che un governo ponga in essere comportamenti che violano diritti di cittadini e principi umanitari (cosa che avviene, ad esempio, il Libia da almeno 10 anni..) cosa si fa? quanto tempo bisogna aspettare prima di agire con la sospensione delle relazioni economiche e se necessario con la richiesta di sanzioni, ad esempio facendosi nazione-promotore in contesti internazionali, come il Parlamento Europeo (e non aspettando gli 'altri', o peggio, il precipitare degli eventi..)? 
Aspettiamo un bagno di sangue per attivarci o proviamo a pensare con un po' di anticipo al da farsi..?
d) stimolare uno scambio di idee, di riflessioni, di domande come provo a fare con questo post, o almeno contribuire esprimendo, quale commento, il proprio punto di vista.
Potrei continuare ma mi fermo qui.

E come cittadino cosa me ne faccio poi di questo?
Semplice...questo diventa, ad esempio, un criterio concreto con il quale valutare chi votare al momento delle elezioni. Un criterio con il quale diventare protagonisti e chiedere risposte concrete, piuttosto che raccontarsi "tanto sono tutti uguali...", "cosa posso farci io da semplice cittadino...?!", "tanto decidono quello che vogliono loro..."...
E anche un modo per sentire che ho fatto qualcosa, qualcosa che era nelle mie possibilità di Persona responsabile e non un subalterno, un 'minore' che non è in grado...
Forse sentire il 'potere' di essere partecipativi, di essere 'adulti' vale la rinuncia a qualche minuto di 'intrattenimento' giornaliero...
Problematizzare, fare e farsi domande, mettersi in un atteggiamento di ricerca prima di dare risposte.

"La risposta è la maledizione della domanda." (Blanchot)

giovedì 24 marzo 2011

Omaggio a Liz

Pioggia d’inverno,
nella notte lampi del passato,
sei tu l’eco del mio respiro.